IO, GIULIO

Inizio a conoscere questo mestiere da ragazzino, nelle estati in cui in campagna do una mano prima a mio nonno Dario e poi a mio padre Mauro. Approccio comune tra le generazioni: duro lavoro e poche chiacchiere. Sarà anche per questo che al vino arrivo solo più tardi, come bevitore, cosa che non mi farà dimenticare quello che un appassionato può cercare nel calice: schiettezza, carattere e grande bevibilità. 

Dopo la laurea a Bologna in Lettere e Filosofia e i corsi da sommelier, due esperienze mi spalancano nuove vedute: prima il lavoro da comunicatore in Sicilia per celebri cantine dell'isola e d'altre regioni e poi il servizio da manager del vino nell'anticonformista sommellerie inglese.

Solo dopo i miei trentatre anni maturano le condizioni favorevoli, insieme all’ambizione e all’incoscienza necessari, per avviare il mio progetto di vita da vigneron. Decido così di fare rientro ad Arezzo da Londra e cercare di meritarmi il testimone dell’azienda agricola di famiglia. Una piccolissima cantina fatta crescere da mio padre come un passatempo e diventata in meno di due decadi qualcosa di ben oltre un semplice svago.

Inizio subito a lavorare al riassetto della cantina ed estirpo il vecchio vigneto, ormai irrecuperabile, mettendo a dimora le nuove barbatelle. Al 2016 risale la prima vendemmia ufficiale della mia gestione, anche se già dal 2013 mi occupo della cantina nei periodi di raccolta.

Essere un vignaiolo oggi per me vuol dire conquistarsi il diritto e la libertà di lavorare e vivere fuori da ogni classificazione. Non c’è un aspetto della mia azienda di cui non mi occupi in prima persona e se questo da una parte mi assorbe completamente, dall’altra mi da una grande possibilità, quella di poter essere me stesso e fare il mio vino in libertà. In fondo è una scelta assoluta, che sa di obbedienza, sacrificio e promessa.

Ho scelto un pioniere del volo come ispirazione e marchio dell’azienda. Otto Lilienthal è stato tra i primi a credere nella visione di poter sconfiggere quella legge di gravità che impediva il sogno di librarsi nell’aria, guardando il creato in un modo veramente diverso. La sua storia insegna che niente è più realistico di grandi visioni, se nutrite con ingegno e determinazione.

Ogni autunno, quando il mosto inizia a ribollire nei tini, percepisco quel momento in cui ci si stacca da terra e si inizia a planare senza aver più coscienza di dove il vento ci porterà. A volte qualcosa va storto e si cade, altre volte la planata fa conquistare qualche metro in più, l’importante per me è ogni anno tornare in cima alla collina e riprovarci, sempre.